Passi nuovi – terza parte. Fare la differenza

La vera emergenza, che mette in pericolo la nostra vita, è quella ambientale. Ne abbiamo parlato nei tre video precedenti.

Cosa posso fare io? Questa è la domanda da porre. Chiara, diretta.

La risposta è: tutto. Significa che tutto – tutto quello che avviene come conseguenza di azioni umane – dipende da noi. Attenzione, non un noi generico, ma con un nome e un cognome, dipende da me, dipende da te. Puoi fare la differenza. Il tuo comportamento può fare la differenza: contribuire attivamente alla distruzione della vita sul pianeta (anche la tua vita) aggiungendo il tuo mattoncino di inerzia e complicità; oppure, al contrario, prendere una decisione e cominciare ad agire per cambiare la situazione, passo dopo passo, mattoncino dopo mattoncino. Un mondo pulito è possibile.

Un poco più pulito è possibile da subito. Tu conti. La tua azione è influente. Puoi subito fare pulizia nel tuo mondo, entro la tua borsa, entro la tua casa, entro la tua vita. Adesso.

La tua azione – sommata a quella di migliaia, e milioni di altri – ha un impatto decisivo.

Per questo non è necessario avere l’autorizzazione del governo; non è necessario attendere leggi, normative, decreti legislativi. Intendiamoci: governo e parlamento svolgono un ruolo importante, possono risolvere molti problemi, e possono fare danni enormi. E anche qui puoi giocare alcune carte, perché puoi far sentire la tua voce, protestare, metterti di traverso.

Ma per una lunga lista di situazioni puoi agire subito, immediatamente. Perché in molti settori tutto dipende solo, ed esclusivamente, da te. Sei tu che riempi il carrello della spesa. Una azione che si può fare subito è quella di decidere di scegliere sempre una soluzione più pulita, una soluzione più intelligente, e lasciare perdere le opzioni più sporche e banali.

Due anni fa ho comperato una bottiglia termica (foto sopra), e l’ho selezionata mettendone a confronto almeno una dozzina. Ho speso meno di 10 euro. Ha delle caratteristiche che la rendono preferibile rispetto ad altre simili. In primo luogo è in acciaio inox, che è un materiale piuttosto stabile, e non rilascia sostanze strane. E’ adatta per contenere alimenti. É piuttosto robusta, e dunque non teme i normali assalti. Non è verniciata, e dunque dovrebbe sopportare meglio i graffi del tempo, perché saranno tono su tono. Posso mettere tutta l’acqua che voglio, prendendola dal rubinetto della mia cucina, a costo quasi zero.

Ho smesso completamente di utilizzare bottigliette di plastica. Forse anche tu hai una bottiglia simile, e la riempi di acqua del sindaco. Molto bene. Milioni di persone hanno eliminato dalla loro vita le bottigliette usa e getta, e dunque siamo in buona compagnia. Queste bottiglie termiche hanno una marcia in più rispetto alle semplici borracce, perché sono costituite da una doppia parete. In questo modo, in estate, l’acqua rimane fresca per parecchie ore, e si riduce il fenomeno della condensa.

In inverno, poi, sfoggiano una differenza sostanziale, perché se si riempiono di una bevanda bollente, mantengono per alcune ore una discreta temperatura.

Questa semplice e intelligente invenzione mi ha consentito di avere sempre caffè caldo a portata di mano, così ho smesso di prendere il caffè dalla “macchinetta” e, soprattutto, di dover poi buttare via ogni volta un bicchierino di plastica usato solo pochi minuti. In pratica, tutti bicchierini ancora nuovi di fabbrica. Diciamo, almeno duecento bicchierini in meno ogni anno. Effetto collaterale: si risparmiano, anche, un centinaio di euro, da utilizzare in maniera più astuta.

Ho messo a punto una strategia rapida. Al mattino prendo sempre un caffè, preparato con una caffettiera in acciaio. Invece di prepararne solo una dose, da bere subito, ne preparo tre-quattro, così ottengo il caffè della colazione, e nello stesso tempo una buona scorta che verso nella bottiglia termica, da bere con comodo, o da offrire alle persone amiche. .

Ovviamente si può mettere di tutto, dal tè alla menta, alla camomilla addormenta bambini, passando per la tisana della nonna o il bombardino stile alpino.

Posso fare la differenza. Anche tu.

 

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Agire, agire, agire (e prima pensare)

 

Le grandi manifestazioni di venerdì 27 settembre hanno chiuso la settimana di azione per il clima, promosse da gruppi di giovani, a livello mondiale, ispirati dalla protesta di Greta Thunberg. Greta, su Twitter, riferisce che i primi dati parlano di almeno 7 milioni di partecipanti, scesi in piazza ai quattro angoli del Pianeta.

La prima domanda è la seguente: il clima sta veramente cambiando? Per trovare risposte fondate conviene cercare fonti autorevoli, e dunque rivolgersi agli scienziati. Gli studi scientifici che investono in qualche modo il tema sono migliaia, e per la loro stessa mole chiedono un impegno che supera la portata di un comune mortale, e anche quella di un uomo politico medio. Per questo le Nazioni Unite hanno dato vita ad un organismo specifico, lo Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), di cui fanno parte centinaia di studiosi di varie discipline, provenienti da tutto il mondo, che ha esattamente il compito di leggere e valutare tutti gli studi scientifici prodotti sul tema del cambiamento climatico. Il loro lavoro viene poi sintetizzato in report che vengono pubblicati e diffusi in rete.

I report pubblicati da IPCC parlano chiaro: la Terra si sta riscaldando progressivamente e con un ritmo piuttosto deciso. Si tratta, ovviamente, delle temperature medie che vengono rilevate e calcolate a livello globale, e che vengono paragonate alle analoghe misurazioni effettuate, ad esempio, negli anni 1900-1910 e 1950-1960.

Le cause del riscaldamento globale? Le numerose attività umane che immettono nella atmosfera quelli che vengono definiti “gas serra”, come CO2, metano, e altri. Derivano, come noto, da varie fonti e dalla combustione di combustibili fossili, petrolio e carbone in primo luogo, ma anche dagli animali ammassati negli allevamenti, che costituiscono una consistente fonte di metano rilasciato in atmosfera.

Che fare?

Per prima cosa mettere a fuoco la nostra visione: prendere in mano e affinare la nostra visione del mondo, della nostra vita e della vita degli altri esseri.

Una certa visione del mondo, diffusa e pervasiva, continua a dipingere la Terra come un grande serbatoio di risorse, disponibili e accessibili, e basta allungare la mano, o scavare un pozzo, e si può prendere quel che si vuole, e avere una “crescita” continua e senza fine: basta avere i soldi, per pagare, naturalmente. Tutto si vende e tutto si compra nel grande Supermercato globale. E i rifiuti si buttano nella spazzatura, magari “differenziata”, e i gas tossici e serra si buttano, con tranquilla coscienza, in giro per l’aria, in balia dei venti.

Ebbene, questa visione del mondo è povera e falsa.

Questa visione del mondo ci sta portando, a grandi passi, verso la catastrofe climatica: gli ecosistemi non sono in grado di modificarsi e adattarsi ad un rapido innalzamento delle temperature medie globali. Le conseguenze sono le estinzioni di massa: quella umana è una delle numerose specie viventi inserite nella lista, perché gli uomini – e sono vari miliardi – camminano e respirano e mangiano se esiste un mondo ancora vivibile.

L’atmosfera non è un grande nulla, una grande discarica gassosa, disponibile gratis, dove bruciare e fumigare a piacimento quel che si crede; la Terra non è una grande miniera a cielo aperto, dove cavare ogni elemento e dove sversare, seppellire, ammucchiare e disperdere ogni genere di immondizia, ogni specie di rifiuto tossico, da lasciare in eredità alle generazioni future.

Che fare?

Due cose: pensare ed agire. Pare strano, ma a volte si evita di fare e l’una cosa e l’altra, almeno seriamente, e ci si contenta di quattro chiacchiere di superficie. Ovviamente, per poter pensare occorre prima informarsi: IPCC, data la complessità dei report che produce, realizza delle sintesi destinate ai “policymaker”, i “decisori politici”, gli uomini che stanno al governo. Queste sintesi sono on line, tutti le possono scaricare e leggere.

Possiamo così sederci tranquilli e aspettare che il governo di Roma, e i governi, discutano e approvino le misure più efficaci?

Che fare?

Aspettare che i governi decidano e ci dicano cosa fare? Sicuramente, e necessariamente, i governi e i parlamenti devono fare la loro parte, e le manifestazioni di piazza sono un pungolo utile e potente. Ma possiamo fidarci della tempestività, della efficacia, della assennatezza, della onestà degli uomini di governo? Le risposte alle prime due questioni sono, molto probabilmente, “no”: anche nel migliore dei mondi possibili, i tempi di reazione dei governi sono piuttosto lunghi, e dunque sarà necessario continuare a premere e manifestare, perché si tratta di mettere mano ad un sistema intricato e solido di interessi costituiti. Ma la questione climatica è una emergenza, letteralmente, e come tale deve essere affrontata.

In secondo luogo c’è il problema della efficacia, cioè della incidenza effettiva delle decisioni di governo. Ebbene, forse qualcuno lo dimentica, non è tutto nelle mani di un governo insediato a Roma, o a Parigi, o a Londra: a casa mia il governo sono io; a casa tua il governo sei tu. E dico “casa” a ragion veduta, perché una delle fonti di “gas serra” è costituita proprio dalle abitazioni, e dagli uffici: nessun governo, da Roma, verrà a controllare come e quanto si riscaldano le mura domestiche. Nessuno verrà a vedere cosa si mette nel carrello del supermercato quando si fa la spesa, o se si seguono le mille altre pratiche che non portano impatto sull’ambiente e sul clima. Insomma, il governo, nel nostro pezzetto di mondo, siamo noi, e sta a noi cominciare ad agire.

Se la casa brucia, ed è quello che sta avvenendo, si smette di buttare benzina sul fuoco, e si corre a spegnere l’incendio, non si sta ad aspettare che lo dica il ministro di turno.

 

Nella foto, un frammento della manifestazione di Venezia.

Due meli, un passo

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Ieri ho messo a dimora due alberi di melo. Le ricerche, in internet, erano state sviluppate in autunno e ora, in primavera, ho agito. Ho contattato un vivaio che ricerca e riproduce varietà antiche, coltivate con metodo biologico, e che si trova presso il Lago di Garda. Non mi sono mosso di casa: ho fatto la selezione dal catalogo pubblicato sul sito, ho telefonato per chiedere consiglio e poi per ordinare, e il corriere ha consegnato le piante in meno di 24 ore, giovedì.

“Abbondanza rossa” è già in fioritura, e appare nella foto.

Cinque ore di lavoro, ieri, per misurare e decidere esattamente il posizionamento di “Jambon”, e scavare la seconda buca. Quindi, conficcato con la mazza due paletti di sostegno, frantumato bene la terra, rimessa nella buca, cavato dal vaso la pianta, messa in posizione al giusto livello. Poi calcato un poco il terreno e spianato bene, annaffiato con alcuni litri d’acqua, legato la pianta ai due tutori laterali. Questo per ciascun alberello che, se tutto procede, diventeranno alti 4-5 metri, e regaleranno pomi dalla buccia di un vivace colore rosso.

Sono stato alcuni minuti a contemplare il lavoro finito.

Che soddisfazione.

Un lavoro autentico. Un lavoro produttivo, fisico, fatto con le mani, con le gambe, con la schiena, sotto il sole di aprile, carezzato da una leggera brezza. Un lavoro che unisce l’arte umana del vivaista, che ha innestato le varietà su portainnesto MM 106, e la natura, che si risveglia e caccia fuori nuove gemme e foglie, e fiorisce in primavera.

Sono stato a contemplare, e notato le api che veloci guizzavano già a studiare la nuova pianta, ancora un fuscello di 140 centimetri, ma già fiorita di rosa e di bianco.

19 aprile 2019, ho messo a dimora un contributo, piccolo forse, ma concreto, alla vita di questo pianeta Terra. Le mele, frutti deliziosi, salutari già nei detti popolari, matureranno nel mio brolo. Non più decine di trattamenti con sostanze chimiche spruzzati per le valli, non camion fumiganti giù per la Valsugana, non più banconote firmate da Mario Draghi – secondo calcoli approssimativi risparmierò circa 150 euro l’anno –, non più lavoranti che sudano in Trentino.

Solo un cappello di paglia calcato sulla testa, una scaletta con pochi gradini, una mano che si allunga a cogliere i doni della natura.