Il centro del mio mondo

La vita fugge. Lo sapevano gli antichi, lo sappiamo noi oggi. Nulla è cambiato, e la sabbia continua a fluire giù per la clessidra, verso l’ampolla che sta sotto.

Due vie innanzi a noi. La prima, la via della dispersione. E’ la via di chi si arrende alla forza dei venti dominanti, e abbandona la presa, e vola via portato dal vento come una cartaccia gettata in strada. Vola di qua, vola di là, turbina, si ferma, striscia: obbedisce ai venti che soffiano, i venti della massa, i venti dei TG, i venti dei social, i venti delle lobby, i venti delle campagne promozionali, i venti degli sponsor. Segue il copione già scritto – magari senza averne chiara consapevolezza – e magari nella convinzione di essere libero e originale. Canarino in gabbia, canta per il padrone di turno. La vita si riduce a svolazzare di una frasca, senza alcuna direzione: produrre, produrre, produrre; consumare, consumare, consumare. Vita ridotta a mero sopravvivere per inerzia, senza alcun senso determinato e abbracciato, senza lotta alcuna, senza una visione, senza alcuna concentrazione.

La seconda via, invece, è la via della concentrazione.

Il centro del mio mondo sono io. Il creatore del mio mondo sono io. Ogni azione autentica ha radice vitale nella solidità e profondità della propria interiorità. Da coltivare, da coltivare ancora; con pazienza, con tenacia. E’ un tipo di coltivazione che unisce la massima attività possibile, che è sempre attività interiore, con la massima apparente assenza di movimento, ed è una attività ricca, vivificante, piacevole.

Chi la pratica consegue, giorno dopo giorno, una crescita effettiva, il vero e sano sviluppo, lo sviluppo delle migliori, essenziali, qualità umane. La concentrazione si ottiene mediante l’esercizio, con un allenamento costante, con sessioni quotidiane. Parlo della mia esperienza, di una esperienza personale – anche se ho letto pagine sull’argomento – e dunque non si tratta di un metodo codificato, ma della via che ho sperimentato come individuo e trovato salutare.

Ogni giorno, quando possibile al mattino, si dedica mezz’ora, alle volte anche di più, a stare soli con sé stessi, in un ambiente silenzioso, seduti comodamente, ad assaporare il fatto che si dispone di un giorno da vivere. In una prima modalità, si lascia libera la mente, e questa in qualche modo respira, si tonifica, e gli occhi possono essere chiusi, o anche aperti a contemplare un qualche oggetto.

Non si tratta di mettersi a fare piani per la giornata, al contrario, si tratta di lasciare spazio allo sguardo interiore, come quando in montagna ci si siede su una zolla erbosa, di fronte ad un panorama aperto, e si lascia spaziare lo sguardo attorno, libero di contemplare, e accarezza la valle in basso, l’orizzonte lontano, i ghiacciai scintillanti, le cime candide di neve.

Senza sforzo i pensieri fuggono via, e anzi li si lascia volare via lontano, come passeri molesti sempre disposti a saltellare e becchettare e baruffare per ogni briciola, e la mente si scopre sgombra, libera, e le nubi svaniscono pian piano, e si coglie il proprio respiro e la carezza lieve della brezza. Il silenzio delle cime riverbera allora dentro e fuori, e si sfiora un senso di pace, la visione di una vita libera, e leggera una scintilla di felicità.