Il dono e il pacco

 

Un dono rappresenta qualcosa carico di significati per chi lo offre e per chi lo riceve. Il senso di un dono è ciò che lo caratterizza, che lo rende tale.

Sottende una comunicazione, una qualche forma di relazione tra due persone che, almeno un poco, sono in contatto, si conoscono, si comprendono.

Un dono è più di un semplice oggetto, non è semplicemente una “cosa”: una penna rimane essenzialmente uno strumento di scrittura, ma quale dono può assumere il significato implicito di un augurio (diventa un valido scrittore, auguri!), o costituire una manifestazione di affetto (penso a te…). Un anello può anche essere di materiale non raro e costoso, magari di semplice vetro, eppure ha valore per il messaggio che porta con sé.

Se il dono consiste in qualcosa di materiale, in ogni caso, entra in gioco anche la qualità della cosa stessa. Attenzione: dico chiaro che intendo la qualità, la foggia, la bellezza intrinseca della cosa, e non mi riferisco al suo prezzo sul mercato, alla quantità di denaro che equivale alla sua quotazione.

Altra cosa è un pacco. Un pacco è una cosa, una semplice cosa, una cosa muta, che non dice nulla, che non manifesta un significato apprezzabile. E’ solo una cianfrusaglia – magari anche costosa, in termini di prezzo – tra le tante, tra le troppe che spesso ingombrano le case, gli armadi, i cassetti. E’ solo una cosa povera di senso, che magari viene regalata con superficialità, o per la pressione di un qualche obbligo più o meno esplicito, meramente convenzionale: perché è la “festa della zia”; la “festa della nonna”; la “festa del papà”; la festa di dicembre con i pacchetti colorati depositati sotto l’albero.

Il tipo peggiore di “pacco”, in assoluto, è rappresentato da quegli oggetti che sono, intrinsecamente, “spazzatura”: cose nate già come spazzatura, uscite nuove di fabbrica quale immondizia pura e semplice.

Un esemplare, che rappresenta in maniera paradigmatica l’intera categoria di tali oggetti-spazzatura, è nella foto che pubblico. Ritrae la pagina di un fascicolo pubblicitario, che è stato inserito nella cassetta della posta esattamente un anno fa, autunno 2018. L’ho conservato.

Il fascicolo è di discreta fattura, carta di apprezzabile consistenza, patinata. La fotografia è di buona qualità, come la composizione. Interessante è l’ambientazione, che lascia intuire più che dire esplicitamente, anche se il messaggio è chiaro. Si tratta di una casa, una casa antica restaurata con cura, con una porta in legno massiccio, gli stipiti in pietra, i muri faccia a vista e le fughe ben tinteggiate di bianco. Una casa di qualità, una casa ricca. Uno scenario ben curato per mettere in mostra i prodotti da vendere, per ben disporre l’animo del potenziale acquirente, che si appresta a leggere le didascalie, a valutare la qualità degli oggetti offerti in vendita.

Ebbene, cosa viene offerto, e di quale qualità?

Oggetto uno, due, tre. Infine, in basso, dulcis in fundo, <<LANTERNA – effetto camino a batteria>>, altezza 27 centimetri.

Come? Dietro, in secondo piano, c’è una tipica lanterna, e dentro si vedono bene le candele accese, e il nome corrisponde pienamente alla cosa; ma questa, in primo piano, dalla struttura nera e dallo schermo rosso, non regge il confronto. La “cosa” pretende di simulare nientemeno che un autentico camino, di poter offrire, con i suoi 16 centimetri di larghezza – meno di una spanna – e con l’ausilio di una piccola batteria, l’ <<effetto>> di un camino arroventato, fiammeggiante, bruciante, schioccante, odoroso di resina, avido e ingordo di nobili essenze.

Che dire ancora. Quella cosa a forma di lanterna pare uno spreco di plastica, metallo, lampadina, batteria, scatola di cartone, magazzino, camion e gasolio per il trasporto. Infine, soprattutto, spreco imperdonabile di lavoro di mani di donne e uomini, di vita preziosa di esseri umani rinchiusi in qualche fabbrica.

Chi può avere il meschino impulso di comprare una cosa simile e, peggio, portarla a casa?

Solleviamoci subito, cambiamo orizzonte. La visione di cose misere ci spinge a pensare a cose nobili, semplicemente belle, essenzialmente buone.

Non è questione di prezzo: è questione di qualità, è questione di gusto, è questione di grazia.

E’ migliore un sano, lindo, genuino spazio vuoto.

Voglio svelare un segreto, conosciuto da migliaia di anni, noto agli uomini e alle donne intelligenti e sagge: i veri doni, gli autentici doni, i più preziosi tra i doni, sono completamente immateriali.

Il proprio tempo offerto in dono; la più fine, acuta e gentile attenzione.