Non si nasce liberi, ma liberi si diventa

Una delle stelle che hanno orientato costantemente le mie scelte è la stella della libertà. Spesso mi sono confrontato con lei, l’ho cercata, mi è sfuggita velata dalle nebbie, l’ho ritrovata, acchiappandola per la coda, come una gatta che vuole sfuggire via e non farsi lisciare il pelo. Sempre ho cercato di seguire i suoi passi, sempre ho alzato lo sguardo per vederla, sempre con lei ho tracciato la rotta, e con lei l’ho ritrovata passato il fragore delle tempeste.
Ho imparato ad amarla, e alcuni momenti appaiono come lampi di un flash che illuminano di luce abbagliante e netta, e permettono una fotografia chiara e nitida. Ricordo, al liceo, quando ho incontrato alcuni filosofi greci che parlavano di autosufficienza, e indicavano nella capacità di essere indipendenti un valore.
La persona capace sa costruire il proprio mondo; sa costruire le proprie cose; sa arrangiarsi; quando occorre sa liberarsi degli oggetti costruiti da altri, delle cose che usano tutti.
Un giorno uno di questi filosofi vide un ragazzo che si abbeverava ad una fonte usando le mani come una coppa, e comprese che poteva fare a meno anche della scodella che teneva nella bisaccia, perché poteva bere e dissetarsi egualmente.
Un aneddoto, e offre un chiaro suggerimento generale: ogni cosa materiale, anche la più usuale, può costituire un vincolo, un piccolo laccio che si avvinghia, e il piccolo cavallo di Troia che porta con se una dipendenza.
Una aspirazione comune, quella alla libertà, e la maggior parte delle persone è intimamente convinta di seguire realmente questa linea ideale, e anzi è convinta di vivere in modo libero, e di fare veramente scelte indipendenti, e di fare quel che vuole. Una buona parte della gente si sente libera, e crede di essere libera perché al supermercato vede cataste di confezioni, e ha solo l’imbarazzo della scelta, e può mettere nel carrello il tipo di scatoletta che preferisce, e il barattolo che crede, e il sacchetto che pare più gustoso.
Ma è questa la libertà?
E’ la stessa cosa “sentirsi” liberi, “credere” di essere liberi, ed essere effettivamente liberi?
Una semplice parvenza, una superficiale impressione, una credenza mai sottoposta al vaglio della riflessione, è la stessa cosa di una oggettiva e verificabile condizione esistenziale?
La corrente più forte, costante, profonda, spinge sempre la tua barchetta, e la mia, verso la schiavitù, la servitù, la sottomissione – e paiono calamità lontane dal nostro vissuto quotidiano, e invece sono in tavola a pranzo e a cena, e tanti ne mangiano.
Il punto è che occorre investire tempo a pensare, a studiare, a grattare la superficie, per vedere cosa si cela sotto nomi ed etichette apparentemente innocue, cosa si nasconde sotto il consenso generale, cosa significano effettivamente le azioni che fanno “tutti”. Il vento dominante che riempie le vele spira costantemente in direzione del conformismo, e in quella direzione naviga tanta parte della gente, di quella stessa gente che, con ogni probabilità, è convinta di essere individualista, e di seguire le “proprie” idee.
A parole tanti affermano di voler essere liberi, e di voler seguire le proprie inclinazioni, e poi, al contrario, desiderano e vogliono essere esattamente come gli altri, e sentirsi al riparo, e inseriti nel gruppo, inquadrati, e al passo con gli altri, centuria dopo centuria, a marciare dove vanno gli altri.
Perché?
Per il timore di “sentirsi” soli, per superare la solitudine, per sfuggire alla sensazione di isolamento. Almeno questa è la risposta che offre Erich Fromm in un libro pubblicato nel 1956. E pare una risposta plausibile.
Eppure, altri pensano diversamente, e si regolano diversamente, e ancora vanno in altre direzioni, ogni mattina e ogni sera.
Per parte mia, coltivo la consapevolezza riguardo le fonti delle mie idee, che sono disposto a modificare e perfezionare, e anche a cambiare profondamente, se necessario, alla luce di una più chiara elaborazione interiore. Non mi adeguo alla voce della massa, non seguo la corrente, e continuo a fissare la rotta sulla stella della libertà. E lotto, quando occorre, perché la libertà è una conquista, è come una vetta che si eleva ben oltre i Tremila metri, accessibile al normale escursionista, ma che richiede decisione, allenamento, tenacia, determinazione a camminare, resistenza, coraggio.
Ecco – in questo mondo che pare un immenso supermercato, dove si vendono e si comprano cose, illusioni, sentimenti, sogni, carriere, menzogne, servitù spacciate per libertà, persone – osservo con attenzione oggetti e situazioni; soppeso, valuto, e dico tante volte “non mi serve”; “non è il caso”; “non è giusto”: e non compero, e tiro dritto, e mi tengo libero, e vado per la mia strada.

Le ore e i minuti

Una casa a Maloja, Engadina.

Qualche tempo fa un compagno di liceo mi ha scritto un messaggino, un sms, per proporre di andare a fare visita a un comune conoscente, reduce da una malattia: << hai un poco di tempo la prossima settimana? (…) >>.
La mia riposta: << Per fortuna il tempo è sempre disponibile…se siamo vivi. (…) Ciao >>.
Questo è il punto: siamo vivi, veramente?
Il tempo è sempre nelle nostre tasche, e sempre scivola fuori come dall’ampolla di una clessidra. Ovvio che avrò tempo la settimana prossima, tutto il tempo, non un minuto di più, ne un minuto di meno, se sarò vivo in quel giorno e in quell’ora.
La domanda, senza dubbio, era retorica, ma può anche essere indice di un preciso atteggiamento verso la vita e verso le persone.
<<Non ho tempo>>, una scusa sempre pronta, una scusa standardizzata e pronta all’uso, quando occorre. Una formula socialmente accettata. Una formula che chi la dice si aspetta venga accettata dall’uditore, che cortesemente deve rispondere: <<Capisco, non c’è problema>>. Attenzione, in qualche modo, deve.
Quanta verità e quanta ipocrisia c’è in questa formula?
E’ indice di autenticità nei rapporti umani, oppure solo l’indicatore di un vivere quotidiano fatto di frasi fatte, luoghi comuni, riti e cerimonie vuote di senso, azioni e parole dette per abitudine e mai fatte oggetto di analisi critica, di riflessione, di revisione?
Il tempo lo tengo tutto intero, è tutto mio, lo tengo nelle mie mani saldamente perché non se ne perda una goccia. Proprio per questo decido di donarlo, quando è il momento, quando è il caso, a chi ritengo amico, a chi ritengo umano, a chi se lo merita.
La vita non può ridursi a una partita a scacchi giocata con superficialità e svogliatezza. Le parole frequenti, le frasi fatte, i discorsi curati oppure sciatti, e ancora, le azioni ripetute giorno dopo giorno, i modi di fare radicati, le reazioni abituali, rivelano le persone, illustrano la vita interiore, la pochezza di una mente e di un cuore, oppure la sua profondità. Dunque ci sono le pulizie da fare, quelle vere, quelle da fare dentro e a fondo, e non basta un buon barbiere, e non basta tutto il rimmel del mondo.
Ho tempo, molto tempo, poco tempo, comunque nulla di meno e nulla di più. Dunque non intendo gettarlo alle ortiche in azioni prive di senso, in conversazioni vuote che non comunicano nulla, fatte solo di convenzioni, e luoghi comuni, e brandelli di “conoscenze” mal comprese e mal digerite, di cosiddette “informazioni” superficialmente bevute guardando qualche ripetitivo TG o consultando di fretta qualche motore di ricerca.
Se permettete, ho altro da fare.