Quanto noi siamo in grado di darle

Ho riletto una lettera di Hermann Hesse, tratta da un volume che raccoglie una parte delle migliaia di risposte che lo scrittore ha inviato a persone famose come a semplici lettori. Questi ultimi, a volte, narravano le proprie vicende, ponevano domande, e chiedevano conforto e consiglio. Non sono pubblicate le lettere ricevute da Hesse, ma solo le sue risposte.

Propongo alcuni passaggi delle righe inviate a M.W., che mantengono intatta la loro attualità.

Cara M.W. Pur avendo compreso la Sua lettera, non sono in grado di rispondere alle domande che essa pone. Sono domande infantili, come quelle che ci poniamo nei momenti di angoscia, come se ci fosse da qualche parte un’istanza dalla quale ci potremmo attendere delle risposte. Capita a tutti, e le domande infantili “sulla vita” non terminano mai. (…)

L’errore di tali domande e tali lamenti sta presumibilmente nel fatto che noi desideriamo ricevere in dono dall’esterno ciò che soltanto noi stessi possiamo raggiungere dentro di noi, con la nostra dedizione. Pretendiamo che la vita abbia un senso, ma essa ha esattamente tanto senso quanto noi siamo in grado di darle. (…)

Hermann Hesse, Lettera alla signora M.W., 1 giugno 1956.

Diventare adulti è impegnativo. Rimanere adulti è, se possibile, ancora più impegnativo. La vita non è una valle di lacrime, come recitava una antica litania, ma non è neppure un giardino delle delizie dove tutto scorre liscio come l’olio. Le difficoltà, le battaglie, le lotte quotidiane richiedono una notevole energia.

Alle volte ci sentiamo sopraffatti, affaticati, travolti, e una angoscia sottile ci attanaglia, e un nodo si fissa saldo nella gola. Riaffiora, insieme, la tentazione di cercare risposte prefabbricate alle nostre domande, la speranza illusoria di poter trovare una soluzione magica ai nostri problemi. Pensiamo forse, alle volte, che il bandolo della matassa si trovi nascosto chi sa dove, e che si debba cercare nei posti più remoti, oppure aspettare una qualche sorta di catarsi miracolosa.

Ma la risposta è, incredibilmente, semplice. Tutte le risposte sono già nelle nostre mani, nei nostri piedi, nella nostra mente, nel nostro cuore. La natura ci ha già dato in dote tutte le capacità e tutte le possibilità per fare fronte alle nostre necessità materiali e, ancora, a tutte le esigenze interiori.

Tutte le forze sono in noi, tutte le energie sono in noi, tutte le capacità sono in noi. Occorre aprire gli occhi, prenderne atto, e alzarsi sulle gambe e continuare a muovere i piedi e i neuroni, e procedere passo dopo passo.

La risposta che cerchiamo non sarà già bella pronta, confezionata come un pacco regalo, ma sarà magari ancora tutta da costruire, smontata alla rinfusa in tanti piccoli mattoncini colorati. Sta a noi – e lo possiamo fare se solo lo vogliamo – mettere ordine entro le mura della nostra mente, e mettere in fila i mattoncini, e cominciare a costruire la risposta, e poi, una volta abbozzata, portarla a compimento. Ci vuole “dedizione” – dice Hesse – e il termine appare caldo, luminoso e denso. E’ questa una delle fondamentali chiavi di volta della vita.

In primo luogo dedizione a sé stessi, che significa rinnovare costantemente la concentrazione, la focalizzazione su quello che noi siamo, su quella che è la nostra “visione” più autentica. Poi guardare fuori di noi, nel vasto mondo, e come nella immagine posta in apertura, saper ritagliare un pezzetto di cielo, terreno e di durata limitata, variopinto e cangiante, delicato e fragile, e dedicarsi ad esso. Entro quella visione i frammenti colorati trovano una coerenza, perché siamo noi a scegliere il telaio e a fissarlo sul cavalletto, a mettere mano ai pennelli e alle spatole, a scegliere i colori e a stenderli sulla tavolozza in nuove sfumature, a schizzare il disegno sulla tela.

<< Pretendiamo che la vita abbia un senso, ma essa ha esattamente tanto senso quanto noi siamo in grado di darle. >>

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